La normativa fiscale delle associazioni non riconosciute

Negli ultimi anni in Italia hanno trovato una notevole diffusione le associazioni non riconosciute (come i circoli culturali). Tale fenomeno si giustifica soprattutto con la loro grande poliedricità; tuttavia è innegabile che, proprio a causa di tale caratteristica, esse si prestino anche a perseguire scopi opachi o del tutto illeciti, come ad esempio l’evasione fiscale).

Nel campo del diritto civile, le associazioni culturali rientrano generalmente nel novero delle associazioni non riconosciute, che si diversificano da quelle riconosciute per il fatto di essere prive della personalità giuridica.

Il motivo della scelta di molti soggetti di svolgere attività nella forma di associazione priva di personalità giuridica è la particolare disciplina tributaria prevista per questo tipo di enti, sostanzialmente opposta alla normativa sulla tassazione delle attività commerciali. Infatti, il primo requisito che deve essere soddisfatto dalle associazioni, tanto quelle riconosciute quanto quelle prive della personalità giuridica, è l’assenza dello scopo di lucro, che caratterizza invece l’attività imprenditoriale.

Le associazioni non riconosciute trovano fondamento nell’art. 18 Cost. , che prevede la libertà di chiunque di associarsi in maniera naturale e senza vincoli formali di sorta  per lo svolgimento di attività che non siano contrarie alla normativa penale statale:  si tratta di una norma a garanzia dei cittadini nel rispetto dei principi fondamentali di democraticità. Tuttavia tale articolo non esaurisce l’intera disciplina ad esse dedicata, che trova completamento attraverso i pochi articoli del codice civile ad essa destinati. Essi, a loro volta, si limitano a dettare una normativa di carattere perlopiù generale che viene integrata da norme di carattere più dettagliato contenute in altri atti di carattere legislativo).

Ovviamente, per evitare l’incalzante evasione fiscale, oltre all’assenza dello scopo di lucro, le associazioni non riconosciute sono vincolate al rispetto di altri limite ed obblighi che, qualora non vengano rispettati, non comportano solamente la considerazione dell’associazione quale ente diverso, ma determinano anche l’applicazione di salate sanzioni ai soggetti responsabili.

Tra di essi i più rilevanti  sono quelli previsti dalla normativa tributaria nel “Testo Unico delle Imposte sui Redditi” (TUIR). L’articolo 148 del TUIR prevede che, per usufruire delle agevolazioni fiscali previste dalla normativa tributaria, gli enti senza scopo di lucro debbano necessariamente inserire nei loro atti costitutivi una serie di clausole obbligatorie. Tra queste, alcune si concentrano sugli aspetti patrimoniali, come il divieto di distribuzione di utili o avanzi o l’obbligo, in caso di estinzione dell’ente, di devolvere il patrimonio ad un altro ente senza scopo di lucro, che persegua gli stessi obiettivi dell’associazione estinta; altre mirano a garantire i principi di democraticità nell’associazione, assicurando, ad esempio, il diritto di voto in assemblea a qualsiasi socio maggiorenne o vietando la previsione di partecipazioni all’associazione limitate nel tempo. Tra i limiti imposti per garantire la democraticità se ne rinviene uno di difficile interpretazione, ovvero la previsione del principio del voto singolo. Tralasciando il fatto che la normativa non risulta aggiornata, caratteristica che si può notare dal riferimento al vecchio art. 2532 del codice civile invece dell’odierno 2538,  si deve sottolineare la difficoltà interpretativa di questa previsione. Il principio del voto singolo, infatti, intende garantire un unico voto ad ogni partecipante all’assemblea, perseguendo l’uguaglianza di tutti i soci nelle deliberazioni. Accanto a questa interpretazione, però, nella maggior parte dei casi si tende ad far coincidere il principio del voto singolo con l’impossibilità di delegare il proprio diritto di voto, dichiarando l’invalidità degli statuti delle associazioni non riconosciute che prevedano invece tale prerogativa per i propri soci.

In definitiva, se da un lato le previsioni tributarie per gli enti senza scopo di lucro sembrano sicuramente allettanti, dall’altro, a causa della poca chiarezza normativa,  si rischia spesso di violare le disposizioni che permetterebbero di fruire degli sgravi. Perciò è necessaria una particolare attenzione nella redazione dello statuto associativo, che spesso richiede la lettura da parte di un esperto del settore che sappia indicare ciò che è lecito o meno garantendo all’associazione una vita serena e priva di preoccupazioni .

Dott. Marcello Ricciuti

 

2016-11-10T19:06:06+00:00