Il bene giuridico “tempo” meritevole di risarcimento.

Antonio si rivolge all’INPS perché preoccupato dell’ammontare della pensione di reversibilità della sua defunta moglie Carla e presenta una richiesta di informazioni: l’INPS, dopo 30 giorni, non risponde senza dare alcuna spiegazione.  Antonio non sa che l’INPS avrebbe dovuto motivare il suo rifiuto. Trascorsi inutilmente due mesi, si reca nuovamente presso l’INPS per conoscere lo stato della sua iniziativa e gli viene comunicato in maniera informale da un dipendente che, in tutti i casi in cui l’amministrazione non risponda entro 30 giorni, detto silenzio equivale a un NO.

 

Nel periodo iniziale della sua formazione, lo Stato perseguiva l’interesse pubblico in maniera autoritaria e rigorosa: le decisioni del legislatore erano prese attraverso provvedimenti unilaterali e imperativi.

Tale comportamento non soddisfaceva completamente l’interesse né la tutela del privato, poiché si riteneva che gli atti rilasciati dall’Amministrazione fossero considerati atti di benevolenza o favori: accadeva, infatti, che le richieste che il privato avanzava rimanessero prive di ascolto, frustrando così l’opportunità di celeri risposte alle esigenze manifestate.

 

Con la legge fondamentale sul procedimento amministrativo n. 241 del 1990 si riconosce un ruolo attivo al cittadino nella vita amministrativa e, nello specifico, il tempo (inteso come opportunità o assenza di questa) diventa un bene giuridico a tutti gli effetti. Per questo motivo, il silenzio o il ritardo dell’amministrazione nel prendere decisioni sono lesivi del “bene della vita” individuato nel fattore tempo.

L’articolo 2 della legge 241/1990 stabilisce che l’amministrazione deve concludere il provvedimento nel termine stabilito dalla legge: con la sua inosservanza si configura un’omissione, nonché una violazione di legge. La Pubblica Amministrazione, quindi, deve chiarire i punti del suo operato , sia esso positivo o negativo, senza arrecare alcun pregiudizio ad un bene della vita meritevole di tutela.

 

Pertanto, le amministrazioni concorrono a esercitare le funzioni di propria competenza in una posizione di supremazia, data la fonte inesauribile di potere nel perseguimento dell’interesse pubblico. L’inattività, anche detta “inerzia”, perciò, è una violazione del dovere di provvedere all’interesse pubblico, un vero e proprio inadempimento contrario al principio di certezza del diritto, così come costantemente considerato dalla giurisprudenza.

 

Il bene tempo è un bene della vita tutelabile per il cittadino davanti alla giustizia amministrativa e il danno da ritardo diventa un bene della vita risarcibile: la legge n. 69 del 2009 ha inserito l’articolo 2 bis nella legge n. 241/1990, che tutela il bene della vita relativo alla certezza del fattore tempo e dei rapporti giuridici che vedono come parte la Pubblica amministrazione.

Il privato cittadino può ottenere una tutela concreta, qualora l’azione amministrativa non venga esercitata tempestivamente, ricorrendo al giudice amministrativo. Questo, una volta interpellato, potrà condannare l’amministrazione rimasta inerte, ma potrà anche entrare nel merito della questione e accertare la fondatezza della richiesta promossa dal privato. In più, a seguito dell’accertamento, il giudice potrà condannare l’amministrazione ad adottare il provvedimento richiesto.

Sarà possibile, inoltre, per il privato, ottenere il risarcimento del danno patito a causa del comportamento dell’amministrazione quando questa: adotti tardivamente un provvedimento legittimo ma sfavorevole per il privato interessato; adotti un provvedimento favorevole oltre i termini previsti dal procedimento; rimanga inerte.

 

Il ritardo nella conclusione di un qualunque procedimento rappresenta un danno ingiusto in termini economici, tale da precludere determinate prospettive, aspettative e scelte, come conseguenza dell’incertezza e della imprevedibilità dell’azione amministrativa, irrispettosa delle norme perentorie previste dall’ordinamento.

Antonio, perciò, ha il diritto a vedersi riconosciuto un risarcimento per il danno che gli è stato arrecato per il tempo trascorso senza conoscere la sorte della sua richiesta.

 

Dott.ssa Cecilia Fiorentini

 

2016-11-21T22:08:07+00:00