NEGLI AUTOBUS DI ROMA, ISPEZIONI SOLO A DANNO DELLE PERSONE DI COLORE: ECCO COSA POSSIAMO FARE PER FERMARE QUESTE PRATICHE DISCRIMINATORIE E QUESTI ABUSI DELLE FORZE DELL’ORDINE

Roma. Fermata del Tram, zona Porta Maggiore o Tiburtina.

Alcuni agenti delle forze dell’ordine entrano nell’autobus ed iniziano ad identificare ed ispezionare le borse dei presenti. Attenzione, non di tutti i presenti nel bus ma solo delle persone di colore, uomini e donne, anziani e giovani che siano.

Scene che si ripetono identiche nell’arco di diversi giorni e che sono state raccontate da alcuni passeggeri che, trovandosi ad assistere a quella situazione, hanno deciso di denunciare pubblicamente l’accaduto.

Lo studente , Francesco Armenio, ha assistito ad una scena simile sabato scorso e, alle sue richieste di spiegazione in merito a tali identificazioni ed ispezioni a danno solo delle persone di colore, si è sentito rispondere da un agente che “ogni extracomunitario che transita nella zona è sospettato di aver commesso un illecito”.

 

Dall’ultima settimana di novembre anche il 409 è diventato spesso teatro di controlli mirati,
come racconta Stefania di Link Roma che si è trovata a subire ispezioni della sua borsa più volte nell’arco di poche settimane: “inizialmente i controlli riguardavano soltanto gli uomini di colore, ma poi si sono estesi anche alle donne, di ogni età. Spesso a salire sull’autobus sono due agenti in divisa, ma altre volte sono arrivati in sette, altre volte in borghese, mostrando il distintivo e chiedendo di aprire le borse.Il resto della popolazione dell’autobus ti guarda fisso cercando di capire se ti porteranno via o ti lasceranno lì.
Una signora l’ultima volta che è successo mi ha chiesto perché stesse succedendo solo a noi, e le ho risposto: <<Niente di grave signora,sono solo negra, non si preoccupi, questo qui non lo sapeva che non ho niente, gli altri ormai mi conoscono tutti, mi hanno già controllata più volte>>”.

 

Posta così, sembra davvero confermarsi la totale arbitrarietà di queste ispezioni, che appaiono manchevoli di un provvedimento dell’autorità giudiziaria e di un  “fondato motivo” o di un “indizio oggettivo”, a meno che non si vogliano riscontrare entrambi nel colore della pelle dei passeggeri sottoposti a tali operazioni di polizia.

Sappiamo inoltre che la normativa consente l’ispezione, senza provvedimento dell’autorità giudiziaria, solo in casi particolari,come la repressione o la prevenzione del traffico di sostanze stupefacenti. Ma anche questa ipotesi sembra da escludersi  nelle operazioni attuate sugli autobus dalle forze dell’ordine, a meno che non si voglia dire che tutte le persone di colore presenti siano da considerarsi potenziali detentori o spacciatori di droga.

 

Visto, dunque, che il comportamento attuato dalle forze dell’ordine sembra configurare un vero e proprio abuso, essendo plausibile che il fondamento di tali controlli sia da ricercare solo nel colore della pelle degli interessati, abbiamo deciso di chiarire cosa dice, a riguardo, la normativa e soprattutto di spiegare quali siano  i diritti delle persone sottoposte a tali operazioni di polizia, senza tralasciare cosa può fare concretamente chi si trova ad assistere a tali situazioni.

 

 

  • QUANDO POSSONO PROCEDERE LE FORZE DELL’ORDINE
    AD UNA IDENTIFICAZIONE O AD UNA ISPEZIONE?
    Generalmente le ispezioni e le perquisizioni sia personali che locali possono essere disposte solo dall’autorità giudiziaria, ed eseguite dalle forze dell’ordine (eccetto l’ispezione personale che non è delegabile).

    Il mandato del giudice non è però necessario, e quindi la polizia può procedere anche di propria iniziativa, in caso di controlli finalizzati a prevenire e reprimere il traffico di sostanze stupefacenti, o per la ricerca di armi,munizioni ed esplosivi.

    Pertanto in questi casi le forze dell’ordine possono fermarti per controllare e ispezionare i tuoi mezzi di trasporto, bagagli ed effetti personali.

    Successivamente al controllo dovranno redigere  il relativo verbale, da trasmettere entro quarantotto ore al procuratore della Repubblica.

    Gli ufficiali di polizia (e non anche gli agenti) nell’ambito delle operazioni volte a prevenire e reprimere il traffico di sostanze stupefacenti possono inoltre procedere di propria iniziativa alle perquisizioni, sia personali che locali,
    in caso di necessità ed urgenza tale da non poter chiedere l’autorizzazione preventiva al pubblico ministero.
    Sono tenute a darne avviso immediatamente  al pubblico ministero e chiedere la convalida della perquisizione entro 48 ore.
    COSA PUOI FARE SE VIENI IDENTIFICATO O SE SEI SOGGETTO A ISPEZIONE O PERQUISIZIONE?

 

  • IDENTIFICAZIONI

 

Nel caso in cui il controllo sia effettuato da  un agente in borghese, è tuo diritto chiedere che preliminarmente si qualifichi,mostrando il tesserino.

Non sei tenuto ad eseguire i suoi ordini, se non si qualifica correttamente.

Se l’agente in borghese si qualifica correttamente o è in divisa, sei tenuto ad esibire un valido documento d’identificazione.

 

Se ti rifiuti di dichiarare le tue generalità o vi sono sufficienti indizi per ritenere la falsità delle dichiarazioni o dei documenti, gli ufficiali e agenti di polizia possono accompagnarti presso i loro uffici e trattenerti per il tempo necessario all’identificazione e comunque non oltre le 12 ore.
Se l’identificazione risulta particolarmente complessa (o è necessario l’intervento di un interprete o di un’ autorità consolare), possono trattenerti ulteriormente ma comunque non oltre le 24 ore, previo avviso al pubblico ministero.
In questo caso hai diritto ad avvisare un familiare o un convivente.
Di tale accompagnamento deve essere data notizia al procuratore della Repubblica che, se riconosce che non ricorrono le condizioni, ordina la liberazione.

 

Inoltre, se sei uno straniero extracomunitario,e ti rifiuti, senza giustificato motivo, di esibire il passaporto o altro documento di identificazione e il permesso di soggiorno attestante la regolare presenza nel territorio, rischi di essere punito con l’arresto fino ad un anno e con l’ammenda fino a 2.000 euro (art.6, comma 3, del TU immigrazione).

Questo reato non si configura se sei un cittadino straniero irregolare, come ha evidenziato la sentenza della Corte di Cassazione n.16453/2011. Infatti, richiedendo tale norma per la configurazione del reato la mancata esibizione del passaporto o di altro documento di identificazione e del permesso di soggiorno, è evidente che non possa essere applicata ai migranti irregolari che non sono, in quanto tali, titolari di permesso di soggiorno.

 

Infine, qualora tu sia uno straniero extracomunitario e vi siano motivi per dubitare della tua identità personale,puoi essere sottoposto a rilievi fotodattiloscopici e segnaleteci.

 

 

 

  • ISPEZIONI E PERQUISIZIONI

 

Hai diritto ad un controllo che non sia lesivo della tua dignità e della tua riservatezza personale, e che siano eseguite da una persona del tuo stesso genere.
Hai diritto a farti assistere da una persona di tua fiducia, o da un legale, prontamente reperibili.

Hai diritto ad avere una copia  del verbale da parte delle forze dell’ordine che hanno proceduto ad un controllo, ispezione o perquisizione nei tuoi confronti.

In caso abbiano effettuato perquisizioni nel verbale dovrà essere indicato il motivo per cui non è stato possibile chiedere la preventiva autorizzazione all’autorità giudiziaria, le operazioni svolte, le generalità e la qualifica degli operatori delle forze dell’ordine che l’hanno eseguita.
Il verbale è obbligatorio anche nel caso non ti abbiano sequestrato nulla.

 

  • DENUNCIARE L’ABUSO

    Le ispezioni e le perquisizioni compiute dalle forze dell’ordine al di fuori di queste ipotesi o in violazione delle norme che le regolano, possono integrare il reato di Perquisizione e ispezione personali arbitrarie” punito dall’art.609 del codice penale, che comporta la reclusione fino ad un anno per il pubblico ufficiale che esegue una perquisizione o un’ispezione personaleabusando dei poteri inerenti alle sue funzioni”, pertanto puoi denunciarlo.

 

  • COSA PUOI FARE SE ASSISTI AD UN PRESUNTO ABUSO

 

Puoi fotografare e/o filmare quanto sta accadendo, secondo una nota del Garante della Privacy infatti riprendere le forze dell’ordine durante lo svolgimento delle loro funzioni è consentito.
Secondo il Garante infatti “I funzionari pubblici e i pubblici ufficiali, compresi i rappresentanti delle forze di polizia impegnati in operazioni di controllo o presenti in manifestazioni o  avvenimenti pubblici, possono essere fotografati e filmati, purché ciò non sia espressamente vietato dall´Autorità pubblica” (nota 14755 del 5 giugno 2012)


Invitiamo tutti e tutte a segnalarci eventuali comportamenti discriminatori delle forze dell’ordine di cui si è vittima o a cui si assiste.

Ogni abuso ci riguarda e non può passare sotto silenzio.

E’ evidente, infatti, che stanno avvelenando la nostra società con i germi della xenofobia e del razzismo. Ed è altrettanto evidente che,se contrariamente ai principi dello Stato di Diritto, si crea un apparato normativo a cui si consente di trattare come “nemici” interi gruppi sociali,  questi ultimi rischieranno di essere più esposti alle violenze ed agli abusi delle forze dell’ordine che si sentiranno legittimate, nel loro agire, a considerare tali soggettività non più come cittadini titolari di garanzie ma come “persone senza diritti”.

Noi siamo invece convinti che i diritti di ogni persona debbano essere rispettati e tutelati.

Non lasceremo che si ritorni al “sonno della ragione”,  in cui solo per il colore della pelle si può essere soggetti ad abusi e soprusi.

Se hai visto #nonpuoitacere

#stopabusi #stopdiscriminazioni #stopdiscrimination

 

STORIE DI ORDINARIA DISCRIMINAZIONE

Abbiamo deciso di pubblicare, qui, tutte le diverse denunce che arriveranno rispetto a presunti comportamenti discriminatori ed abusi posti in essere dalle forze dell’ordine.


26 Gennaio, Francesco Armenio, studente:

“Scendo dal tram a porta Maggiore. Alla fermata ci sono sei poliziotti che salgono e iniziano a fare controlli. Il criterio è semplice: i bianchi vengono lasciati stare, ai neri vengono chiesti i documenti e, se hanno una borsa, viene perquisita. Un ragazzo viene fatto scendere e identificato. Alla mia richiesta di spiegazioni mi viene prima chiesto di allontanarmi, poi, visto il mio rifiuto, mi viene detto che “ogni extracomunitario che transita per porta Maggiore è passibile di sospetto”. Alle mie proteste per l’affermazione evidentemente razzista vengo prima a mia volta identificato e poi minacciato di denuncia per aver detto che stanno contribuendo al clima di razzismo nel paese. A quanto pare, avendo detto che obbediscono agli ordini di un ministro razzista, avrei “usurpato (sic!) un’alta carica dello Stato”.

Il ragazzo è stato lasciato andare insieme a me. Non hanno trovato nessun motivo per trattenerlo, altra dimostrazione che il controllo fosse assolutamente ingiustificato, e dettato solo dal colore della pelle. Ciononostante uno dei solerti agenti non ha potuto fare a meno di dirgli con fare minaccioso di “stare attento” a quello che fa e di comportarsi bene perché “in Italia ora funziona così”

Questo è il clima che si respira in questa città, ed è insopportabile. Io però mi sono stancato di starmene zitto e buono”.

 

La storia di Nadia:

“Sono Nehad Awad, ho 26 anni e sono una studentessa e mediatrice culturale.
Sono nata e cresciuta in Italia ma, nella percezione altrui, resto comunque straniera.
Nella mia vita, diverse volte mi sono trovata ad essere oggetto di battute a sfondo razziale.
Tutti i giorni, nella mia attività di mediatrice, mi trovo a confrontarmi con migranti che subiscono violente discriminazioni e vessazioni.
Il razzismo esiste e lo si percepisce ad ogni angolo e molto spesso a mettere in campo pratiche discriminatorie sono proprio le forze dell’ordine.
Solo, per fare qualche esempio, nell’arco dell’ultimo mese, a Roma Est, mi è capitato di assistere a tre diverse , discutibili, operazioni di polizia.
La prima, sulla Prenestina, a danno di due ragazzi di colore che stavano tranquillamente aspettando il 412 seduti sulla panchina della fermata. Sono stati avvicinati da due agenti in divisa che, prima, hanno chiesto loro i documenti e successivamente hanno ispezionato i loro zaini. Non trovando nulla.
Una settimana fa, invece, stavo sul Tram 14; a piazzale Prenestino salgono 2 agenti in divisa che cominciano ad ispezionare, senza identificare, le borse di tutte le persone di colore presenti. Era interessante notare come le forze dell’ordine si soffermassero solo sui “negri”, donne e uomini indipendentemente dall’età. I “bianchi” non erano minimamente toccati dai controlli. Mi sono “permessa” di chiedere agli agenti il perché di quella operazione apertamente discriminatoria, mi hanno risposto che non era di mia competenza e che se avessi continuato mi avrebbero portato in commissariato.
Infine, tre giorni fa, salgo nella metro C a Gardenie, vicino a me era presente una famiglia senegalese composta da madre, padre e due bambini di 5 e 3 anni. Un agente delle security ha chiesto loro, dentro il vagone, i biglietti della metro. Ancora una volta, bisogna precisare che i biglietti sono stati chiesti solo a questa famiglia e non al resto dei presenti. In realtà la famiglia aveva un regolare abbonamento che ha fatto visionare all’agente security, quest’ultimo però non contento ha scortato la famiglia all’uscita della metro Malatesta, conducendola dinanzi a dei militari che hanno controllato la regolarità dei documenti.
La famiglia aveva tutto in regola, tanto che alla fine gli agenti sono stati “costretti” a lasciarli andare.”

Dinanzi a tutto questo la domanda è sono davvero dei controlli ordinari o possiamo ipotizzare un vero e proprio accanimento nei riguardi delle persone di colore che si trovano a subire, ogni giorno, operazioni di polizia prive di qualsiasi fondamento?

 

Stefania: Studentessa universitaria di 22 anni.

“Non ho mai preso coscienza del mio essere nera perché nata qua. 
Ho assunto la cultura italiana, ho la nazionalità, persino il mio dialetto non ha alcuna traccia riconducibile alla mia etnia subsahariana. 
Non ho dato peso alla mia diversità etnica nemmeno quando il 29 Novembre l’autobus 409, superato Largo Preneste

 e all’inizio di via Portonaccio è stato fermato dalla polizia per permettere alle forze dell’ordine di irrompere nel mezzo pubblico, perquisire lo zaino di un ragazzo e poi andare via dopo non aver trovato nulla di illegale. 
Eppure l’idea di essere diversa mi è precipitata addosso nel momento in cui il 15 dicembre uscendo dalla stazione 

metro 

Malatesta verso le 19.40 la polizia ha fermato me, senza un buonasera, chiedendomi i documenti. 

Io spaesata consegno il portafoglio. 

“Le abbiamo chiesto i documenti, non il portafoglio”. Tono gelido. 
Consegno la carta d’identità e l’altro mi chiede di aprire la borsa di cui prende un 

lembo per vedere meglio, ma senza toglierla. 

Fa l’elenco di ciò che vede ad alta voce: “Libri, un porta pranzo, degli assorbenti in vista…” .“Signorina lei vive a Rieti?”. 
Avevo il cervello offuscato, tremavo un po’ dalla paura per il tono assolutamente gelido voluto dalla prassi che giustifica ogni scortesia e dal potere insito nella divisa delle forze dell’ordine. 
“Aspetta… ma qui c’è scritto che è Italiana!” “Sì, è Italiana! Lei è italiana?” 
Annuisco e mi lasciano andare ritrovando la cortesia inesistente prima, quella che forse va riservata ai concittadini.
Nonostante ciò, l’idea di essere diversa, da quel giorno non mi ha mai abbandonata. 
Così ad ogni controllo in autobus, che da quel giorno fino ad oggi hanno coinvolto anche me, da parte degli agenti ora in borghese, ora in divisa, ho sempre aperto la borsa con timore, sotto gli sguardi degli altri spettatori che attendono di vedere se mi porteranno via o mi lasceranno lì.”

 

Serena: Linea autobus 409.

Quando ho assistito a questa scena sono rimasta a bocca aperta, poi ho pensato che non potevo sapere al 100% se si trattasse di semplice discriminazione o se avessero agito per una segnalazione. Ora che leggo altre testimonianze, capisco che la mia intuizione purtroppo era giusta.Racconto quello che ho visto perché non dobbiamo abituarci a scene del genere, è come se qualcuno mi controllasse perché sono calabrese e quindi potenzialmente affiliata alla ‘ndrangheta. Io non voglio vivere in un paese dove regna il terrore, stiamo rasentando la follia.
Non prendo più regolarmente i mezzi da quasi 5 anni, ho preso il 409 da l.go Preneste la sera del 21 dicembre, intorno alle 22, per andare alla stazione Tiburtina e ho assistito a una di queste ispezioni. Gli agenti in divisa hanno chiesto di salire appena imboccata via di Portonaccio, sono entrati salutando l’autista e si sono diretti con sicurezza verso uno straniero (apparentemente indiano/pakistano, non particolarmente giovane, né particolarmente anziano) che era seduto e parlava al cellulare, gli hanno chiesto (e controllato) un documento e successivamente di controllare lo zaino, cosa che è stata concessa loro e che non ha portato a nessun sequestro di oggetti.

Non lo hanno perquisito personalmente, subito dopo aver controllato lo zaino sono tornati dall’autista, chiedendo di scendere. Eravamo in pochi sull’autobus, non ricordo bene se ci fossero altri stranieri o meno ma sono sicura che, finito quel controllo, non ne hanno fatto altri. Per quanto mi riguarda, è anche una sorta di procurato allarme perché vedere due agenti dirigersi senza esitazione verso una persona in particolare mi ha fatto preoccupare, ho pensato avessero avuto una segnalazione e che potesse trattarsi di qualcuno di pericoloso. Quando però li ho visti tornare dall’autista, scambiando sorrisi e battute con quest’ultimo, ho capito che non c’era nessun reale pericolo e che, addirittura, potesse trattarsi di una grottesca routine. In quel momento ho provato un grande senso di vergogna misto a rabbia, avrei voluto chiedere agli agenti di controllare anche il mio di zaino ma non ho avuto la prontezza di farlo. La mia percezione è stata quella di aver assistito a una vera e propria discriminazione, il fatto che di aver visto (nell’unica volta che ho preso l’autobus nel mese di dicembre) una scena simile a quelle che molte altre persone stanno denunciando, lo trovo decisamente preoccupante.È un atto civilmente e socialmente gravissimo e abbiamo il diritto/dovere di non lasciar correre.”

 

Francesco: Giornalista.

“Roma, 20 marzo, fermata del Trenino Giallo di Torpigna.
Sono le 9 del mattina, nel trenino ci sono la mia compagna (che non parla una parola d’italiano ma inglese) e altra gente, tra cui molti stranieri. Le obliteratrici sono rotte.
Arrivano i controllori che procedono a multare solo tre stranieri, tra cui la mia compagna e due ragazzi africani. Uno di loro non parla italiano ed ha il biglietto in mano, mentre cerca di spiegare nella sua lingua che è in possesso di un regolare titolo di viaggio, un controllore si altera e prova ad avventarsi contro di lui. Alla fine il ragazzo prende la multa, chiedendo agli altri controllori di mantenere calmo il loro collega. La mia ragazza interviene spiegando in inglese che le obliteratrici sono rotte e che, quindi, è impossibile convalidare il biglietto ma, nonostante questo, i tre stranieri si beccano comunque le multe.

Dopo un’oretta decido di andare personalmente a vedere con la bici quello che sta accadendo.
Mi trovo dinanzi ad una scena assurda: un gruppo di sette controllori, uomini e donne, bloccano le uscite con fermi che sembrano motivati solo da una possibile provenienza straniera dei passeggeri.
Infatti, appena arrivato, vedo che i controllori stanno facendo una multa ad un ragazzo africano, nonostante le obliteratrici fossero sempre rotte.
Ho detto ai controllori “fate i forti con i deboli. Bravi. Avete le obliteratrici rotte, le persone hanno il biglietto in mano ma le multate lo stesso e, guarda caso, sono tutti stranieri”.
A quel punto un controllore ha cominciato a gridare contro di me che dovevo farmi i fatti miei. I toni si sono fatti sempre più accessi. Ha chiesto il mio documento che non gli ho dato, non avendo alcun diritto di chiedermelo e trovandomi addirittura in bici fuori dal trenino. Gli ho spiegato che sono un giornalista e di tutta risposta mi è stato detto “vattene a ffanculo, io i giornali neanche li leggo”.
Il controllore avanza contro di me in tono minaccioso e viene trattenuto da due colleghi che nel frattempo mi invitano gentilmente ad andare via (“aho, te ne devi annà, nun ce devi rompe er cazzo”).
In tutto questo, mentre cerco di filmare quanto sta accadendo mi si sono avvicinati due agenti in borghese che mi hanno intimato, in malissimo modo, che non potevo riprendere.

Alla fine è arrivato un treno ed i controllori sono saliti e sono andati via.
Nessuno degli altri passeggeri si è interessato all’accaduto, tutti spaventati facevano finta di nulla.

Dunque, la fine di questa storia è che a Roma dei controllori si possono permettere prima di multare passeggeri dotati di biglietto ma impossibilitati ad obliterarlo solo per il colore della pelle ed addirittura sempre questi controllori si possono permettere di aggredire chi fa notare loro che stanno svolgendo un’azione razzista ed illegittima, con la connivenza di agenti in borghese che ti privano del diritto di filmare quanto sta accadendo.”

 

Barbara.

“6 marzo, linea 409
Ero in macchina dietro la fermata dell’autobus 409 quando mi sono trovata dinanzi una scena di una violenza inaudita.
Un controllore dell’Atac si rivolgeva contro un passeggero di origine africana, urlando “t’ammazzo, te sfonno”.
Il controllore urlava così forte che io stessa mi sono sentita molto turbata, dunque, quando l’autobus è ripartito dalla fermata ho deciso di accostare la macchina e mi sono diretta verso il controllore, dicendo a quest’ultimo che non poteva proprio permettersi di trattare in quella maniera le persone. Di tutta risposta il gentiluomo mi ha mandato a quel paese, intimandomi di spostarmi e cominciando a fotografare la targa della mia macchina.
Ho rivendicato il diritto di rimanere lì per capire cosa avrebbero fatto alla vittima dell’aggressione razzista, che era rimasta alla fermata. Infatti il controllore ha provato più volte a picchiare (soprattutto a prendere a calci) il ragazzo, trattenuto dai suoi colleghi.
Ho cominciato a parlare con questo ragazzo, il quale mi ha riferito che aveva subito una vera e propria aggressione con un colpo in testa che il controllore gli aveva inferto senza alcun motivo e che non aveva in alcun modo reagito alle provocazioni, come io stesso ho avuto modo di vedere.

Allora, in accordo con il ragazzo, abbiamo chiamato la polizia per denunciare l’accaduto.
Il controllore dell’Atac dinanzi alle forze dell’ordine in arrivo ha deciso di andare via, segno della sua evidente malafede.

Dopo la chiamata alla polizia, io sono dovuta scappare a lavoro e sono stata contattata due ore dopo dal commissariato di Torpignattara, che mi ha riferito la presenza di un altro testimone presente sull’autobus che era andato a segnalare l’accaduto e che aveva lasciato alle forze dell’ordine il suo biglietto come prova per risalire al controllore che aveva effettuato questa vergognosa aggressione razzista.
Io stessa successivamente mi sono presentata in commissariato per formalizzare la denuncia e la polizia mi ha comunicato che il ragazzo, vittima dell’atto discriminatorio, era salito una fermata prima sul bus ed aveva un regolare titolo di viaggio.”

Valentina Muglia e Federica Borlizzi

 

 

 

 

2019-03-28T12:20:01+00:00