L’autunno caldo dei riders: tra dinamiche estorsive e nuovi scenari

Acclamati come eroi durante il primo lockdown generalizzato della primavera 2020, causato dalla pandemia da Covid-19, i ciclofattorini o riders, versione moderna dei più vecchi “speedy pizza”, ad oggi, sembrano esser stati già dimenticati. Da anni, infatti, lottano nelle piazze e nelle strade delle città italiane, chiedendo diritti e tutele a fronte di un’attività lavorativa sottopagata, insicura e fortemente precaria. Di tutta risposta, nell’autunno del 2020 gli sono stati recapitati, da un lato, un accordo collettivo “pirata” che punta al ribasso, erodendo fortemente le richieste di compenso orario e i diritti tutelati, ribaditi a più riprese nei tavoli istituzionali di concertazione, mentre, dall’altro lato, una pioggia di lettere intimidatorie da parte delle società di food delivery: “o firmi o sei licenziato”.

Dopo aver fornito brevi cenni circa l’inquadramento giuridico dei riders, ad oggi formalmente riconosciuti come lavoratori etero-organizzati a cui si applicano le garanzie proprie del lavoro subordinato, si daranno conto di alcuni importanti sviluppi avutisi a partire dalla fine dell’estate del 2020, tra i quali: il CCNL “pirata” sottoscritto da Assodelivery e UGL, le lettere a contenuto estorsivo di “Deliveroo Italy” e, infine, la nuova policy dichiarata da “Just Eat” di voler regolarizzare i propri lavoratori, attribuendogli la qualifica di “dipendenti”.

 

  1. Brevi cenni sull’inquadramento giuridico dei “riders”: lavoratori autonomi o subordinati?

Attraverso la Legge n. 128/2019 di conversione del precedente D. L. n. 101/2019, l’Italia è diventato uno dei primi paesi in Europa a disciplinare quell’importante comparto del mondo del lavoro che opera da pochi anni nell’ambito della c.d. “Gig Economy[1]. Quest’ultima consiste in quell’insieme di prestazioni lavorative rese mediante l’utilizzo di strumenti informatici, i più famosi dei quali sono piattaforme digitali o app scaricabili sugli smartphone; attraverso questi strumenti, si stima che nel 2018, in Italia, sia stato organizzato il lavoro di 700mila -1 milione di persone, 10mila delle quali sono i cosiddetti “riders”, ossia i ciclofattorini[2].

La legge del 2019 è intervenuta, in particolare, sull’art.2 del D. Lgs. n.81/2015, emanato nell’ambito del “Jobs Act” (Legge delega n. 183/2014), il quale prevedeva l’estensione della disciplina del lavoro subordinato a tutte quelle forme di lavoro realizzate in collaborazione tra il datore ed il prestatore di lavoro. Prescindendo da considerazioni riguardanti il lungo dibattito dottrinale nato attorno all’inquadramento giuridico della collaborazione c.d. “etero-organizzata”, che ha visto gli studiosi del diritto dividersi tra chi ne riconosceva una natura autonoma, subordinata o ibrida, ciò che interessa in questa sede è segnalare come questo intervento del legislatore abbia di fatto esteso la disciplina giuridica riguardante il lavoro subordinato, maggiormente tutelato, a tutte quelle forme di collaborazione formalmente autonome ma che, di fatto, “autonome” non sono.

Tale intervento normativo si è reso necessario per un duplice ordine di ragioni. In primo luogo, si è tentato di far chiarezza circa le turbolente interpretazioni giurisprudenziali, sorte a conclusione dei casi “Foodora” (Tribunale di Torino, sentenza n. 778 del 07.05.2018) e “Glovo” (Tribunale di Milano, sentenza n. 1853 del 10.9.2018), le quali, sostanzialmente, escludevano la natura subordinata del rapporto lavorativo dei riders; secondo i giudici di Torino e Milano, infatti, il ciclofattorino possedeva piena autonomia organizzativa, potendo decidere se e quando lavorare[3]. Secondo poi, si è tentato di porre un argine a quel fenomeno di elusione del rispetto dei diritti dei riders posto in essere da numerosi colossi aziendali, i quali negli ultimi anni hanno fatto le loro fortune attraverso il mondo della “Gig Economy”.

Secondo la nuova formulazione, quindi, l’art. 2, comma 1 del D. Lgs. n. 81/2015 stabilisce che: «A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali».

In prima battuta, la Legge n.128/2019 ha voluto eliminare dall’art.2 del D. Lgs. n.81/2015 l’inciso «anche con riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro», sulla base del quale le Corti di Torino e Milano avevano ritenuto sussistente l’autonomia organizzativa del rider, così da escluderne l’applicabilità in riferimento al caso di specie. A seguito di tale emendamento, ad oggi, l’art. 2 è applicabile anche nei confronti di tutti quei lavoratori che possano determinare in autonomia il luogo ed il tempo della prestazione, sempre che, tuttavia, il datore di lavoro organizzi l’attività pratica, riducendo così la loro formale libertà organizzativa.

Inoltre, la riforma ha voluto sostituire l’avverbio “esclusivamente” con “prevalentemente”, entrambi riferiti al presupposto della personalità della prestazione da parte del lavoratore. In tal modo, per aversi l’applicabilità dell’art. 2 non è più richiesto che la personalità della prestazione debba essere necessariamente di tipo esclusivo, potendo quindi il lavoratore avvalersi anche di una, seppur minima, organizzazione dei mezzi forniti dal datore di lavoro.

Infine, la riforma del 2019 ha introdotto un ultimo inciso a margine dell’art. 2, prevedendo che quest’ultimo debba essere applicato «anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali». La portata innovativa di tale previsione sta nel fatto che vi possa essere etero-organizzazione dell’attività lavorativa anche quando l’azienda organizzi le prestazioni lavorative mediante piattaforme digitali, tra le quali le app installate sugli smartphone da parte dei riders vi rientrano a pieno titolo.

Attraverso la Legge n. 128/2019 è stato introdotto al D. Lgs. n.81/2015 anche un nuovo Capo V-bis, composto da sette articoli (artt. 47-bis – 47-octies) e specificatamente dedicato alla “Tutela del lavoro tramite piattaforme digitali”. Tra le diverse norme, particolare rilievo assumono gli artt. 47-bis, 47-quater e 47-quinquies.

Con l’intento di stabilire «livelli minimi di tutela per i lavoratori autonomi che svolgono attività di consegna di beni per conto altrui, in ambito urbano e con l’ausilio di velocipedi o veicoli a motore […] attraverso piattaforme anche digitali» (art. 47-bis), l’art. 47-quater stabilisce che tramite «contratti collettivi stipulati dalle organizzazioni sindacali e datoriali comparativamente più rappresentative a livello nazionale» le parti contraenti possano definire «criteri di determinazione del compenso complessivo (n.d.r.. del lavoratore) che tengano conto delle modalità di svolgimento della prestazione»; inoltre, in mancanza di un valido contratto collettivo nazionale, i riders «non possono essere retribuiti in base alle consegne effettuate», dovendogli in questo caso applicare il compenso minimo orario stabilito da «contratti collettivi nazionali di settori affini o equivalenti». Tramite questa previsione, il legislatore ha radicalmente modificato i precedenti modelli organizzativi delle piattaforme, i quali prevedevano una paga a “cottimo”, ossia solamente basata sul numero delle consegne effettuate, come testimoniato dal caso “Foodora” dell’autunno del 2016, azienda che prevedeva un sistema di “cottimo puro” pari a 3 euro per ciascuna consegna.

Nell’attesa di un accordo collettivo nazionale relativo a tale settore, da concludersi entro il novembre del 2020[4], il settore delle consegne effettuate a mezzo riders è stato regolato dall’accordo nazionale del settore logistica e firmato dalle organizzazioni sindacali di categoria di CGIL, CISL e UIL[5].

A sostegno della mutata sensibilità del legislatore, è intervenuta anche la Corte di Cassazione, la quale con la nota sentenza n. 1663 del 24 gennaio 2020[6] ha confermato la decisione della Corte di Appello di Torino[7]; i giudici torinesi, infatti, avevano radicalmente mutato l’orientamento giurisprudenziale affermatosi con la sentenza di primo grado dello stesso distretto e relativa al caso “Foodora” del 2018, il quale aveva riconosciuto alla prestazione lavorativa dei riders la natura di “tertium genus”, a metà tra una subordinazione ed una collaborazione coordinata e continuativa[8].

Con tale pronuncia, superando le precedenti discussioni inerenti alla natura della prestazione lavorativa dei riders, la Corte di Cassazione ha sancito che, tramite l’art. 2 del D. Lgs. n. 81/2015, «in una terra di mezzo dai confini labili, l’ordinamento ha statuito espressamente l’applicazione delle norme sul lavoro subordinato, disegnando una norma di disciplina». Così, i giudici di Cassazione hanno giustificato l’applicazione integrale del regime giuridico del lavoro subordinato ai riders in un’ottica rimediale, ossia al fine di offrire forme di tutela a «tutti quei prestatori ritenuti in una condizione di debolezza economica e, quindi, meritevoli della stessa protezione di cui gode il lavoratore subordinato»[9].

 

  1. L’accordo collettivo “pirata” tra Assodelivery e UGL: scontro tra sindacati

 

Al fine di giungere all’adozione di un contratto collettivo nazionale (CCNL) specifico per il settore dei riders, in linea con l’art. 47-octies del D. Lgs. 81/2015, è stato istituito dal 2019 un Osservatorio permanente presso il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, presieduto dal Ministro o da un suo delegato e composto da rappresentanti dei datori di lavoro, riunitisi in Assodelivery (cui aderiscono le aziende Deliveroo, Glovo, Just Eat, SocialFood e Uber Eats) e delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano nazionale, ossia CGIL, CISL e UIL.

Nonostante la continuità delle trattative tra i sindacati maggiormente rappresentativi e le aziende di food delivery, il 15 settembre 2020 è arrivata, come un fulmine a ciel sereno, la notizia che Assodelivery avesse appena concluso con il sindacato UGL un nuovo accordo collettivo nazionale (il c.d. “CCNL rider”)[10] valevole per l’intero comparto dei ciclofattorini. Semplificando. Mentre al Ministero del lavoro si tenevano incontri periodici per l’adozione di uno strumento ufficiale e sottoscritto da CGIL, CISL e UIL, l’associazione di categoria Assodelivery teneva parallelamente dei colloqui separati e segreti con UGL, al fine di raggiungere quello che comunemente viene chiamato un “accordo pirata”[11].

Per “accordo pirata” deve intendersi un contratto collettivo firmato da aziende e sigle sindacali di minoranza – spesso di comodo e costituite ad hoc – che, da un lato, riducono le agibilità sindacali, estromettendo dalla contrattazione le maggiori sigle, mentre, dall’altro, sviliscono le lotte dei lavoratori, accordandosi per minori tutele e per paghe orarie al di sotto delle rivendicazioni sindacali[12].

Leggendo il testo di questo nuovo “CCNL rider”, appare da subito evidente come l’Associazione Nazionale Autonoma dei Riders (Anar), sindacato minoritario di circa 700 iscritti, nato a fine 2019 e confluito in UGL, da sempre schierato su posizioni vicine a quelle dei colossi del food delivery, abbia remato in senso contrario agli interessi dei lavoratori del settore. Infatti, in barba al mutamento di sensibilità avutosi con la Legge 128/2019 e con la sentenza della Cassazione del 2020, all’ultima parte dell’art. 3 del CCNL è previsto che «la natura autonoma (n.d.r. e non “subordinata”, come ormai da intendersi) del rapporto tra Rider e Piattaforma preclude la maturazione a favore del Rider di compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie, indennità di fine rapporto o altri istituti riconducibili al rapporto di lavoro subordinato».

Inoltre, in linea con l’art. 10, il rider ottiene un compenso parametrato «in base alle consegne effettuate», reintroducendo di fatto il sistema a “cottimo” fortemente osteggiato dai lavoratori ed espressamente vietato dall’art. 47-quater, comma 2 del D. Lgs. 81/2015. Infatti, come previsto dal successivo art. 11, la paga oraria minima di 10 euro è prevista solo ove l’ora in considerazione venga impiegata interamente per le consegne; in caso contrario, ove non si raggiungesse l’ora esatta, il compenso «viene riparametrato (n.d.r. arbitrariamente dall’azienda) proporzionalmente ai minuti stimati per le consegne effettuate»[13].  Oltre a ciò, come segnalato anche dalle organizzazioni sindacali contrarie all’operato di UGL, ai sensi dell’art. 9 del CCNL, i lavoratori possono essere liberamente licenziati, poiché «la piattaforma potrà recedere dal contratto liberamente ed unilateralmente in ogni momento»[14].

Salutato dal segretario generale dell’UGL Paolo Capone come “un cambiamento epocale”, in quanto “primo CCNL rider in Europa”[15], questo nuovo accordo collettivo ha ricevuto critiche e censure anche dal Ministero del lavoro. Dopo aver ricevuto l’accordo inviatogli da Assodelivery, infatti, il Ministero ha risposto con una dura lettera datata 17 settembre 2020, nella quale sono stati sollevati vari problemi. Secondo l’Amministrazione, infatti, le clausole contrattuali relative alla paga oraria sono contrarie all’espresso divieto legale del compenso “a cottimo”, ribadito anche dalla Cassazione nel 2020, specie se vengono derogate con un accordo confezionato da un’associazione sindacale che non possieda una larga rappresentanza a livello nazionale e al di fuori del tavolo permanente istituito presso il Ministero del lavoro[16].

  1. La lettera estorsiva di “Deliveroo Italy”: “o firmi questo contratto o sei licenziato”

 

Già la semplice conclusione di un accordo pirata tra Assodelivery e UGL sarebbe bastata a scatenare una mobilitazione sindacale di rilievo nazionale. E, invece, i problemi dei riders non sono finiti qui.

Dopo le importanti censure innalzate dal Ministero del lavoro, infatti, la società “Deliveroo Italy”, associazione membro di Assodelivery, è corsa ai ripari, imponendo ai suoi centinaia di ciclofattorini l’adesione forzata al nuovo accordo collettivo, pena il licenziamento. Inoltre, rovesciando la decennale prassi secondo la quale i lavoratori prima aderiscono al sindacato e poi questo, in base alla sua dimensione sia quantitativa sia territoriale, è legittimato a contrattare, qui è accaduto il contrario: infatti, in questo caso, è stato richiesto di firmare prima il contratto, peraltro con metodo estorsivo, e poi, in un secondo momento, si è cercata l’adesione ed il consenso dei prestatori di lavoro[17].

A fine settembre, la società ha infatti recapitato a tutti i suoi riders una lettera di questo tenore:

«… Ciao (Tizio),

Come sai, Deliveroo fa parte di AssoDelivery, che rappresenta l’industria italiana del food delivery e il 15 settembre 2020 è stato firmato il primo Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro dei Rider (il CCNL Rider) insieme al sindacato UGL Rider […]

[…] Le nuove condizioni previste dal CCNL Rider entreranno in vigore a partire da martedì 3 novembre 2020. Prima di allora, è importante che tutti coloro che intendano proseguire la propria collaborazione con Deliveroo firmino il nuovo contratto, che ne recepisce tutte le direttive.

Riceverai una e-mail con oggetto “Nuovo contratto” contenente il nuovo contratto.

Assicurati di firmare entro il 2 novembre 2020 […]. Se non firmerai il nuovo contratto di collaborazione entro il 2 novembre, a partire dal giorno 3 novembre non potrai più consegnare con Deliveroo poiché il tuo contratto non sarà più conforme alla legge. Se non desideri continuare a consegnare con Deliveroo secondo i termini previsti dal CCNL, questa e-mail costituisce il preavviso formale della risoluzione del tuo attuale contratto che terminerà il giorno 2 novembre 2020.[18]»

Questa lettera ha causato una pioggia di ricorsi in tutta Italia, oltre che la proclamazione di scioperi in moltissime città. Come sostenuto dall’associazione di giuslavoristi “Comma 2”, infatti, la comunicazione di “Deliveroo Italy” potrebbe integrare diverse fattispecie di reato, soprattutto quella relativa all’estorsione (art. 629 c.p.): ottenendo il consenso dei suoi collaboratori dietro minaccia di licenziamento, infatti, al fine di trarne un diretto ed illegittimo vantaggio, l’azienda avrebbe compiuto un illecito penale, comprimendo la libertà di scelta di ogni singolo ciclofattorino e generando un clima di sfruttamento nel relativo settore. Per questo motivo, l’ente è sceso in campo a difesa dei riders, depositando denunce ed esposti presso le Procure di Roma, Napoli, Torino, Firenze, Bologna e Milano con l’intento di bloccare l’atteggiamento intimidatorio dell’azienda[19].

Oltre a ciò, è stata chiamata una mobilitazione nazionale da parte di alcuni sindacati di categoria, come “Deliverance Milano”, “Riders Union Bologna”, “Riders Union Roma” e “RiderXiDirittti”, i quali hanno indetto uno sciopero di tre giorni nelle maggiori città italiane, come Torino, Milano e Roma, chiedendo anche ai consumatori di boicottare l’uso delle app di food delivery nella giornata del 30 ottobre scorso[20].

Di contro, adottando l’hashtag #IoNonSciopero, è arrivata repentinamente la risposta di UGL Rider, la quale ha chiesto ai suoi iscritti di non aderire alle proteste, poiché: «grazie al contratto firmato tra AssoDelivery e UGL, i RIDER mantengono la loro autonomia necessaria per svolgere al meglio il lavoro. Abbiamo avuto modo di riscontrare in giro per l’Italia da parte dei RIDER grande soddisfazione per l’accordo raggiunto, come ottima base di partenza volta a tutelare e dare nuovi diritti ai lavoratori del settore. Respingiamo, quindi, tutte le contestazioni che hanno contribuito solo a creare un clima ostile che svilisce ciò che di buono è stato fatto per una categoria che, fino ad oggi, non aveva trovato regole dignitose e la giusta assistenza. Le chiacchiere e le strumentalizzazioni le lasciamo ad altri, a chi ha occupato per anni inutili tavoli di discussione, senza raggiungere alcun risultato»[21].

 

  1. La “rivoluzione” di Just Eat: “dal 2021 contratto di lavoro dipendente per i nostri riders”

Prima di concludere, bisogna accennare ad un’iniziativa che sembra andare in controtendenza al clima di attacco ai diritti dei riders che sta avendo luogo nell’autunno del 2020. Infatti, in data 9 novembre, l’amministratore delegato di “Just Eat Italia” Daniele Contini ha rilasciato un’intervista, pubblicata poi sulle colonne del Corriere della Sera, nella quale ha dichiarato che: «dal 2021, al più tardi entro il primo trimestre, inizieremo ad offrire ai nostri riders la possibilità di avere un contratto di lavoro dipendente con noi. Oggi con noi lavorano circa 3 mila riders in 23 città. A loro offriremo, dopo un percorso di selezione e di formazione, un contratto di lavoro dipendente, che assorbirà tutte le caratteristiche tipiche del contratto nazionale di categoria, quindi con maggior tutela e maggiori assicurazioni per il singolo rider, che potrà far conto su una paga oraria e non più su una retribuzione a cottimo, così come avviene ora. Dal canto suo, il rider dovrà impegnarsi in un rapporto in esclusiva»[22].

In attesa di capire come potrà evolversi questa proposta, dalla società sono state già individuate alcune direttrici. Oltre a prevedere diverse forme di impegno lavorativo, dal full time al part time, sia orizzontale sia verticale, ciò che sarà oggetto di dibattito sarà sicuramente la definizione della paga oraria, nonostante Contini sostenga che: «abbiamo abbracciato un modello di business sostenibile e in un orizzonte di lungo termine vogliamo creare valore per tutti: per l’azienda Just Eat, per i riders, per i ristoranti e naturalmente per i clienti finali. Tutti possiamo avere dei vantaggi concreti dalla crescita di questo settore ed è per questo che siamo convinti di fare questo salto in avanti».

Tra le proposte della società, inoltre, vi è la creazione di veri e propri hub nelle maggiori città italiane, come Roma e Milano, dove i ciclofattorini, al pari dei dipendenti di una società, per svolgere il loro turno di lavoro, potranno ritirare scooter elettrici o e-bike, oltre a casco, giacca e zaino brandizzati, tutti strumenti offerti dall’azienda.

In conclusione, lo scenario attuale della tutela dei diritti dei riders è fortemente disomogeneo e contraddittorio. Da un lato si assiste, infatti, a frange di sindacati che ottengono accordi “pirata” al ribasso, tradendo la fiducia dei lavoratori e scatenando le ire dei sindacati maggiormente rappresentativi a livello nazionale. Dall’altro lato, invece, vi sono aziende che usano illegittimi accordi collettivi come strumenti di estorsione per l’accettazione di minori tutele lavorative, pena il licenziamento, mentre ve ne sono altre che iniziano quantomeno a dichiararsi pronte a uniformare il trattamento dei riders sia alla legge, sia alla giurisprudenza, sia alle richieste che ogni giorno pervengono dai ciclofattorini.

In attesa di capire le future evoluzioni del dibattito pubblico in materia, non si può far altro che ricordare come i riders siano lavoratori subordinati e alle dipendenze di aziende con uno spropositato potere contrattuale: quindi, in quanto tali, questa particolare categoria di lavoratori ha diritto ad una paga oraria congrua e deve poter godere di  compensi straordinari, mensilità aggiuntive, ferie e indennità di fine rapporto, tutele proprie di qualsiasi rapporto di lavoro subordinato.

di Dott. Luca Brigida

[1] https://consulentidellavoro.mi.it/rivista-sintesi/articoli-in-evidenza/la-carica-del-decreto-101-le-nuove-regole-per-la-gig-economy-mettono-alla-prova-le-piattaforme-di-food-delivery-e-non-solo/ .

[2] https://tg24.sky.it/economia/2018/06/04/rider-chi-sono#:~:text=Secondo%20quanto%20emerge%20dal%20rapporto,le%20piattaforme%20di%20food%20delivery.

[3] file:///C:/Users/lucab/Downloads/guidalavorowebpdfabtrpxrc.pdf .

[4] Art. 1, comma 2 della Legge n. 128/2019.

[5] https://www.fedespedi.it/wp-content/uploads/2019/12/CCNL_testo-completo.pdf .

[6] Corte di Cassazione, sez. lavoro, sentenza 24 gennaio 2020, n. 1663. https://www.altalex.com/documents/news/2020/02/17/riders-va-estesa-tutela-del-lavoro-subordinato-del-jobs-act .

[7] https://studiolegalecoppolapartners.it/linquadramento-contrattuale-dei-riders/ .

[8] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/02/10/rider-la-sentenza-della-cassazione-dice-molto-ai-lavoratori-precari-anche-in-tema-di-licenziamenti/5700405/ .

[9] Il Sole 24 Ore, Guida al diritto, 2020, n.9, p.40.

[10] https://secureservercdn.net/160.153.137.14/3be.191.myftpupload.com/wp-content/uploads/2020/10/CCNL-RIDER.pdf .

[11] https://ilsalvagente.it/2020/09/17/riders-il-trucco-dei-delivery-per-evitare-il-contratto-collettivo-nazionale/ .

[12] https://www.fisac-cgil.it/100347/il-cancro-dei-contratti-pirata .

[13] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/10/07/rider-laccordo-sindacale-tra-ugl-e-assodelivery-e-un-pacco-da-rispedire-al-mittente/5952402/ .

[14] https://www.cisl.it/notizie/comunicati-stampa/17282-riders-cgil-cisl-uil-contrarie-al-contratto-sottoscritto-da-assodelivery-e-ugl-chiesta-la-riconvocazione-del-tavolo-sindacale.html .

[15] https://www.ugl.it/top-assodelivery-e-ugl-siglano-primo-ccnl-rider-in-europa/ .

[16] https://www.wired.it/economia/lavoro/2020/09/17/ministero-lavoro-bocciatura-contratto-rider-food-delivery/?refresh_ce= .

[17] https://ilmanifesto.it/rider-il-ricatto-parte-da-deliveroo-firma-il-contratto-pirata-o-ti-licenziamo/ .

[18] https://milanoinmovimento.com/evidenza/rider-il-ricatto-parte-da-deliveroo-firma-il-contratto-pirata-o-ti-licenziamo .

[19] https://www.comma2.it/ .

[20] https://www.ilfattoquotidiano.it/2020/11/07/rider-in-sciopero-in-tutta-italia-basta-ricatti-meritiamo-garanzie-e-un-compenso-adeguato-a-torino-momenti-di-tensione-con-la-polizia/5995327/#:~:text=La%20protesta%20dei%20rider%20si,fronte%20ai%20fast%20food%20milanesi; https://ilmanifesto.it/i-rider-contro-il-ricatto-del-contratto-truffa-sciopero-venerdi-30/ .

[21] https://www.ugl.it/lavoro-ugl-rider-no-sciopero-nuovo-ccnl-ci-tutela/ .

[22] https://www.corriere.it/economia/finanza/20_novembre_09/rivoluzione-citta-just-eat-assume-riders-a90c3484-2269-11eb-bd01-ee72f0d01280.shtml .

2020-11-12T17:56:18+00:00